"Quando domani ci accorgeremo che non ritorna mai più niente, ma finalmente accetteremo il fatto come una vittoria." (francesco de gregori - viaggi e miraggi)
ho camminato sul filo dell'equilibrio per ritrovare certe cose che avevo perso nel tempo e in certi spazi che non potevano essere miei. ho camminato a piedi nudi sull'erba per ritrovare quello che sono e i mille pezzi d'anima che ho permesso venissero buttati al vento. ho respirato aria buona per liberare i polmoni dalla rabbia che si era sedimentata. ed ora non so a che punto sono, forse sono nel bel mezzo di un viaggio e quindi è anche anacronistico parlare di partenze oppure di ritorni.
ho aspettato. ho aspettato che cadessero le stelle. che il sole tornasse a brillare e che la pioggia lavasse via tutto. ho aspettato a lungo, rimanendo immobile e cercando di sopravvivere a quell'istinto che mi riporta dove mi hanno spezzato per replicare quell'istante. immobile per non spostarmi oltre a quello che sono e quello che voglio. ho aspettato lasciando che la cicatrice di quella rottura rimanesse lì, dove deve stare. sopra le cicatrici passate, sopra quell'istante che reitero da anni, senza mai salvarmi.
ho camminato, respirato ed aspettato. mischiando le cose. cambiano l'angolo di prospettiva. lasciando prendere aria alla carne viva ed evitando il rumore delle parole. ho aspettato in un silenzio frastornante fatto di cose non dette e di recriminazioni tanto giuste quanto inutili.
ho dimenticato di dormire e dimenticato di tornare a casa. ho dimenticato di ricordare e ricordato di dimenticare. e poi mi sono accorta che sono già andata oltre a quella ferita. che la cicatrice c'è. e rimane lì, dove deve stare.
perchè non serve la distanza ed il silenzio per aggiustare le cose. le cose non si aggiustano dopo averle rotte. cosa fatta capo ha. non ritorna mai più niente. forse ci sarà qualcosa di diverso, forse più bello, oppure non ci sarà niente.
cosa fatta capo ha. senza punti di sospensione. perchè la grammatica del cuore dice che se la frase continua si mette una virgola, oppure, se finisce, si mette il punto.
ho camminato sul filo dell'equilibrio per ritrovare certe cose che avevo perso nel tempo e in certi spazi che non potevano essere miei. ho camminato a piedi nudi sull'erba per ritrovare quello che sono e i mille pezzi d'anima che ho permesso venissero buttati al vento. ho respirato aria buona per liberare i polmoni dalla rabbia che si era sedimentata. ed ora non so a che punto sono, forse sono nel bel mezzo di un viaggio e quindi è anche anacronistico parlare di partenze oppure di ritorni.
ho aspettato. ho aspettato che cadessero le stelle. che il sole tornasse a brillare e che la pioggia lavasse via tutto. ho aspettato a lungo, rimanendo immobile e cercando di sopravvivere a quell'istinto che mi riporta dove mi hanno spezzato per replicare quell'istante. immobile per non spostarmi oltre a quello che sono e quello che voglio. ho aspettato lasciando che la cicatrice di quella rottura rimanesse lì, dove deve stare. sopra le cicatrici passate, sopra quell'istante che reitero da anni, senza mai salvarmi.
ho camminato, respirato ed aspettato. mischiando le cose. cambiano l'angolo di prospettiva. lasciando prendere aria alla carne viva ed evitando il rumore delle parole. ho aspettato in un silenzio frastornante fatto di cose non dette e di recriminazioni tanto giuste quanto inutili.
ho dimenticato di dormire e dimenticato di tornare a casa. ho dimenticato di ricordare e ricordato di dimenticare. e poi mi sono accorta che sono già andata oltre a quella ferita. che la cicatrice c'è. e rimane lì, dove deve stare.
perchè non serve la distanza ed il silenzio per aggiustare le cose. le cose non si aggiustano dopo averle rotte. cosa fatta capo ha. non ritorna mai più niente. forse ci sarà qualcosa di diverso, forse più bello, oppure non ci sarà niente.
cosa fatta capo ha. senza punti di sospensione. perchè la grammatica del cuore dice che se la frase continua si mette una virgola, oppure, se finisce, si mette il punto.
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