mercoledì 26 novembre 2008

Tutta quella citta', non se ne vedeva la fine... La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? E il rumore. Su quella maledettissima scaletta... era molto bello, tutto... e io ero grande con quel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso, non c'era problema. Col mio cappello blu, primo gradino, secondo gradino [...]. Non e' quel che vidi che mi fermo. E' quello che non vidi. Puoi capirlo fratello? E' quel che non vidi ... lo cercai ma non c'era, in tutta quella sterminata citta c'era tutto tranne... c'era tutto ma non c'era una fine. Quel che non vidi e' dove finiva tutto quello, la fine del mondo.
Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno puo' fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quei tasti, infinita e' la musica che puoi suonare. Loro sono 88, tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si puo' vivere. Ma se tu, ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa e' la verita', che non finiscono mai e quella tastiera e' infinita... Se quella tastiera e' infinita, allora su quella tastiera non c'e' musica che puoi suonare. Tu sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello e' il pianoforte su cui suona Dio. Cristo, ma le vedevi le strade? Anche solo le strade. Ce n'e' a migliaia, come fate voi laggiu' a sceglierne una, a scegliere una donna, una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire. Tutto quel mondo, quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce e quanto ce n'e'. Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormita', solo a pensarla? A viverla...
(alessandro baricco - novecento)

io sono nata in una città attraversata da un fiume. al contrario di Novecento per me è il mare a non aver confine. sono abituata con il fiume. per quanto sia grande ed imponente vedi sempre l'altra sponda. è come se vedessi sempre, ben chiaro, il confine. e, qualcuno, dice che così non riesci più a credere ai miracoli. perchè la vedi la fine. il confine che ti rassicura e ti riporta a casa, ogni volta.
e cosa fai allora se ti trovi davanti ad una tastiera infinita, su quello stramaledetto seggiolino sbagliato? suoni. o almeno ci provi. perchè, in fondo nessuno ti dice che devi suonarli tutti quei tasti. ne scegli qualcuno e fai la tua sinfonia. e magari andando avanti ti rendi conto che qualche suoni ti manca ed allora scegli qualche altro tasto. anche harry potter ha scelto. perchè "sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità" (j.k.rowling - harry potter e la camera dei segreti).
e capitano le scelte sbagliate. capitano e se ne pagano le conseguenze. e serve a poco avere ripensamenti. ogni scelta, ogni bivio che abbiamo imboccato, ogni curva nella strada che abbiamo scelto di fare ci ha portato fin dove siamo oggi.

e baricco continua.

A me m'ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c'é una ragione. Perché proprio in quell'istante? Non si sa. Fran. Cos'é che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C'ha un'anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un'ora, un minuto, un istante, è quello, fran. O lo sapevano già dall'inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo tutto tra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto, d'accordo, allora buonanotte, 'notte. Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto, fran. Non si capisce.
E' una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio. quando, in mezzo all'Oceano, Novecento alzò lo sguardo dal piatto e mi disse: "A New York, fra tre giorni, io scenderò da questa nave".
Ci rimasi secco.
Fran.

non c'è poi tanto da capire. a volte, forse, bisogna solo fare.... fran.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ah...ecco cosa hai fatto "dopo".

Ma caro Holden lo sai che quella frase di Harry Potter l'ha detta pure Sartre? "Noi siamo quello che facciamo"...come sai, di questi tempi, niente di più vero...soprattutto è ciò che sto imparando a fare: giudicare e non perdonare in base a quello che la gente fa, non in base a quello che la gente dice o dice di voler fare o credeva di fare.
Holden, sappiamo bene perchè hai scritto tutto questo...ora pensa anche tu a quello che veramente vuoi e soprattutto, dammi retta: parla. Lo vedi sulla mia pelle quando costa non profferire verbo...e poi è l'inizio...se non le dici ora le cose quando gliele vuoi dire? Quando è troppo tardi? E se è così e non ti piace molla lì. Io combatterei...fossi in te. Quella è una guerra che ancora puoi vincere, con i paletti giusti. Io mi sento Spartaco in 300 e credo che mi sacrificherò per la gloria. Dopo avere usato le mani però. Questo sfizio me lo devo togliere...un giorno ti racconto perchè. Ha a che fare con i ragazzi della via Paal e con una vendetta atavica contro le ingiustizie del mondo. Ho pensato al reato da imputare: stupro. Del mio cervello.